STORIE E RACCONTI DI ARMONICHE A BOCCA

TRISTANO (di Valeria Manconi)

Ascolta il racconto letto e interpretato da Beatrice Scialoia.

Il rifugio è un posto un po' triste. E' diviso in tante stanze, ognuna adiacente ad un grande stanzone comune. Il pavimento è bianco, illuminato durante il giorno da una flebile luce che entra dalle finestre oscurate. Ai lati ci sono varie lettiere appoggiate al muro, lungo le finestre invece si trovano alcune librerie che sono state adibite a letti a castello, per noi gatti sfortunati. Ogni ripiano è foderato con morbidi cuscini colorati, uno per ogni gatto. Nelle stanzette più piccole dormono i gatti in quarantena, quelli per esempio che hanno qualche ferita, ammalati o con i funghi. Alcune umane vengono qui qualche ora al giorno e si prendono cura di noi. Ci riforniscono di buon cibo e acqua, poi puliscono le lettiere e per una buona mezz'oretta ci fanno tante coccole.

Siamo in tanti qui. Gatti neri, gatti tigrati, rossi, bianchi, grigi, a pelo lungo e corto, grassocci o magrolini e tutti con una storia triste alle spalle. Alcuni sono stati abbandonati perché diventati “scomodi” altri sono nati per strada, senza conoscere mai una famiglia. Io sono Fiamma. Prima di stare qui al rifugio vivevo al porto, sotto le rocce in mezzo a tanti pericoli. Molti dei miei compagni di rifugio sono qui da tanto tanto tempo. Beethoven, ad esempio, un grosso gattone grigio peloso che sembrerebbe un persiano, anche se non credo sia puro, è qui da così tanto tempo che ormai non ricorda più quando ci è entrato. Ormai non nutre più la speranza di essere adottato, nessuno vuole un gatto già adulto, i cuccioletti invece vanno a “ruba”. Molti di questi gatti non parlano con nessuno, stanno sempre in disparte, come il tigrato Tristano. E' arrivato qui da poco tempo. Sul suo viso è dipinta un'espressione triste, i suoi occhi sono verdi e profondi e il suo piccolo muso è bianco con alcune strisce grigie e nere. Sta sempre vicino ad una delle finestre intento a fissare il paesaggio fuori. Il rifugio si trova proprio vicino al porto e da alcune finestre si può vedere il mare. Alcune umane ogni tanto lo coccolano, lui le lascia fare, ma non mostra alcun interesse. Una notte di luglio, mentre riposavo tranquilla in una delle mie cucce, sono stata svegliata da una musica dolce, il suono proveniva dal piano di sopra . Mi sono avvicinata alla porta che da sulle scale che portano al terrazzo . Era chiusa con un grosso lucchetto attaccato ad una catena di ferro. Dopo vari tentativi di aprirla spingendola con la forza di tutto il mio corpo, avevo notato che su un lato c'era una piccola apertura. Provo a passarci con fatica, avevo messo su un po' di pancetta. Le scale erano tutte polverose e illuminate solo dalla luce della luna. La musica da lì era più forte, sembrava il suono di un'armonica. Mi fermai un attimo ad ascoltare la melodia che aumentava ad ogni gradino. Sembravano le note della canzone “il cielo in una stanza”. Arrivai finalmente sul terrazzo. Tirava una brezza delicata e calda. In fondo, sul davanzale, un gatto sedeva rivolto verso il mare. Mi avvicinai piano cercando di capire chi fosse; illuminato dalla luna non riuscivo a riconoscerlo. Stava lì, sopra il muretto, nello sfondo il mare e una luna piena che creava delle scintille nell'acqua calma e blu. La coda del gatto si muoveva a tempo con la musica. La luna faceva brillare l'armonica di metallo. Il suono era dolce e risuonava circondato da tutta quella pace. Nella mia mente ripetevo le parole :”Suona un'armonica, mi sembra un organo che vibra, per me per te. Qui nell'immensità del ciel...” Mi avvicinai e riconobbi Tristano, li in alto, il suo volto rischiarato sembrava ancora più malinconico del solito. Mi sentì arrivare e si fermò per un attimo. Alzai la zampa pregandolo di continuare. Lui posò la sua armonica sul muretto e mi domandò come mai fossi lì. Non l'avevo mai sentito parlare, la sua voce era flebile e faceva trasparire una tristezza profonda. Gli chiesi per chi stesse suonando quella canzone tanto meravigliosa. Lui sospirò e rispose che la suonava sempre per la sua amata che ormai era partita lontano. Continuò dicendo che quando era stato catturato, per essere portato in questo rifugio, si trovava qui al porto per salutarla. La donna che si occupava della sua amata aveva deciso di trasferirsi oltre mare e di portarla con se. Quel giorno Tristanoarrivò al porto troppo tardi, la nave era ormai lontana e lui non l'aveva neanche salutata. Lei era il suo tutto. Questa era la sua canzone preferita, la suonava sempre e lei danzava dolcemente. Non aveva niente di lei, gli rimaneva solo la sua armonica a bocca e il suono di questa canzone. Abbassò poi lentamente gli occhi verso il mare, perdendoli nel vuoto.

Visita la pagina di Beatrice Scialoia.

Luciano Guida - P. IVA: 11676200964 - Policy sulla Privacy e utilizzo dei Cookies